Siamo asini o pedanti?

Con Siamo asini o pedanti? cominciano a delinearsi in modo compiuto i tratti di un nuovo genere letterario: il libro multimediale.

Una riedizione che sa di un debutto.

Due versioni, una più semplice ed una arricchita da contenuti video finora inediti, ci mostrano come nuova un’opera teatrale che è anche manifesto artistico e dottrinale.

Scritto nel 1989 da Marco Martinelli, si riconduce alla stagione ‘africana’ del Teatro delle Albe.

Farsa filosofica che mescola accenti differenti in una unità ‘sincretica’, dove antiche figure dell’immaginario teatrale brillano di nuovi ‘colori’, e ritornano da lontano con forza e vividezza.

La docta ignoranza, come scarto antropologico, non come riciclo di forme, celebra il loro valore originario e archetipico.

Sotto la matrice filosofica del linguaggio, sollevata la sua veste poetica, brulica la scrittura di scena, in un dialogo costante con la voce dell’autore/regista, che la conduce.

Si mescolano, vita, teatro e dottrina.

Come si evince fin da principio – e come riflette Oliviero Ponte di Pino nella sua brillante prefazione – il principale riferimento è l’opera di Giordano Bruno, L’asino cillenico del Nolano.

Proprio oggi l’asinello volante, Fatima, sarà venduta all’uomo bianco.

Avete mai visto un asino che vola?

Vedere per credere.

Marco Martinelli

È fra i maggiori registi e drammaturghi del teatro italiano, ma il ruolo che più lo descrive è quello di poeta capocomico.

Le sue opere nascono infatti dall’interazione e dal rapporto di vicinanza con gli attori del Teatro delle Albe, ensemble fondato nel 1983 insieme a Ermanna Montanari (premio Duse nel 2013 e tre volte Premio Ubu come miglior attrice), Luigi Dadina e Marcella Nonni, a cui spesso si uniscono, nel corso di progetti di respiro internazionale, giovani non-attori che scoprono la propria identità teatrale proprio attraverso la drammaturgia di Martinelli.

In lui e nel teatro delle Albe, Claudio Meldolesi ha visto «un uomo-teatro iperrealista e un collettivo di irriducibili individualità»; mentre l’esperienza di meticciato teatrale tra attori italiani e senegalesi (da anni è componente stabile della compagnia che fu capitanata da Mandiaye N’Diaye) è stata definita da Franco Quadri come «l’ultima riprova che la fabbrica del teatro africano è in Europa, come già ci avevano ammonito Genet e Brook».

Martinelli ha vinto il premio Ubu quattro volte (regia, drammaturgia, pedagogia: 1996, 2007, 2012, 2013), il premio Hystrio alla regia (1999), il premio Mess di Sarajevo (miglior regia) e il premio alla carriera assegnato nel 2009 dal Festival Journées Théatrales de Carthage.

I testi di Martinelli sono tradotti e messi in scena in Francia, Belgio, Stati Uniti, Germania, Russia, Romania.